Riflessioni sulla vita e sulla psicoanalisi durante la pandemia
Dopo aver partecipato ad alcuni webinair proposti dal Centro clinico Area Coppia Sipre di Milano, che ho seguito con grande interesse, ho preso spunto da questa domanda “TU COME STAI?” per verbalizzare alcune mie riflessioni legate sia al personale sia alla mia professione di psicoterapeuta.
In questo momento di “ripresa” dopo il lock down si inizia ad elaborare il fortissimo impatto che questa pandemia ha avuto e, ancora, sta avendo nella vita di tutti noi
TU COME STAI? Questa domanda così pregnante in campo terapeutico perché dà l’avvio alla relazione psicoanalitica ci interroga sull’altro, ci fa riflettere sul nostro “sentire” quotidiano
Come sto vivendo? In questo momento sto cercando di elaborare le molteplici sollecitudini, ansie e paure che ho provato durante questa pandemia
Sicuramente una co-condivisione, anche se via web, con colleghi che vivono in altre regioni mi ha aiutato a chiarire emozioni e sentimenti che ho provato in questo spazio-tempo così particolare
Come psicoterapeuta, ho messo a fuoco che non possiamo trattare la sofferenza dell’altro come “altro” proprio perché anch’io ci sono dentro. Provo un forte senso di solidarietà perché tutti stiamo vivendo un momento così difficile, siamo tutti “nella stessa barca”
In questa fase 2 ancora non ho ben metabolizzato come sto…lo sperimento giorno per giorno
Pensare ai pazienti che ho seguito in questo periodo forzato di quarantena, tramite sedute via Skype, mi ha fatto riflettere su come la sofferenza condivisa abbia tolto le difese legate al ruolo… senza ovviamente togliere la responsabilità del ruolo, c’è maggiore condivisione nel “sentire”.
Mi sono accorta che c’era il rischio di cadere nella trappola del “io ti aiuto” senza considerare il mio coinvolgimento personale in quanto “soggetto” immerso nella stessa situazione di precarietà e pericolo
Noi, come terapeuti, dobbiamo aiutare le persone che sono in ansia e sotto stress ma ANCHE NOI siamo nella stessa identica situazione …sotto stress come tutti. Il covid ci ha messo di fronte alla nostra vulnerabilità ma anche alla nostra forza: per avvicinarci e occuparci della sofferenza dell’altro dobbiamo fare i conti anche con la nostra.
Spesso le persone che seguivo via web appena mii sentivano mi chiedevano: “Come sta dottoressa? Tutto Bene? I suoi Familiari?”
Questo interessamento non è stato letto da me come un’invasione del mio spazio personale ma come una condivisione con l’altro che permetteva a me e al paziente di partire da una base di sicurezza: Stiamo tutti bene, possiamo andare avanti!
Il rallentare obbligatoriamente il ritmo di vita ha portato necessariamente ad una riflessione su come stavo (e per i pazienti come stavano) vivendo la propria vita e questo mi/ci ha portato a riconsiderare le priorità. Il benessere non è inseguire (uno scopo, obiettivi…) ma riuscire a godersi il presente
Adesso la sfida è : come ci stiamo vivendo la ripresa, il rientro alla “normalità”? Lentamente stiamo riprendendo i nostri ritmi di vita, è un work in progress
Ho iniziato a star meglio quando ho potuto condividere e confrontarmi con altri colleghi, è difficile rientrare in studio con la mascherina, aumentare la distanza fisica tra noi e i pazienti…non poter stringere loro la mano
La ripresa è lenta e faticosa ma questo “stacco forzato” ha messo a nudo delle dinamiche che forse avrebbero impiegato un tempo più lungo ad emergere, ha funzionato come un catalizzatore, ci ha fatto prendere coscienza della nostra vulnerabilità ma anche delle nostre risorse
Sono fiduciosa sul fatto che questa lenta ripresa possa essere un’opportunità per vivermi e cercare di far vivere la vita al meglio delle potenzialità insite in ciascuno di noi.
Alessandra Costa